A
bordo è quello che durante le boline si prende più secchiate
di acqua e schiaffi di vento di tutti. Non può fare altro,
Claudio Celon: è il tailer di Luna Rossa, la vittima
sacrificale che regola il fiocco, la grande vela di prua.
Costretto a restare controvento con la testa mezza fuori dalla
barca, una scotta in mano e gli occhi sempre verso l’alto.
Che altro può fare, se non riderci su? "Beh, sono 30
anni che prendo acqua. Forse è per quello che non ho più
capelli…".
Dopo
il 5 a 4 su AmericaOne di Paul Cayard e la vittoria nella
Louis Vuitton Cup che li lancia nella finale di Coppa America
di vela, ad Auckland, in Nuova Zelanda, c’è aria di festa.
Anche perché la mensa del team Prada, dice Celon "è
meglio del ristorante". E "Ciccio",
"Braciola" e "Mortadella", soprannomi più
da gara di cucina che da velisti, apprezzano. Come il
brasiliano Torben Grael detto "Copperfield" (il
mago) o "Santo Grael" per le intuizioni quasi
soprannaturali su dove tira il vento. Comunque tutti in
vacanza fino a giovedì, ordine di Bertelli, l’uomo Prada
che sull’avventura di Luna Rossa ha investito circa 110
miliardi. Una bella cifra ma, come ha osservato qualcuno,
"il prezzo di un solo giocatore di calcio" per
organizzare e mantenere barca, equipaggio e seguito vario. Un
centinaio di persone, alla fine. E questo da tre anni.
Dopo
la due giorni di relax (turismo, tennis, mogli, figli e, per i
single, flirt eventuali) si torna al lavoro: sveglia alle 6 di
mattina, palestra, colazione, briefing, preparazione barca, in
acqua fino al pomeriggio, riunione, ancora palestra, cena. E’
(quasi) così da quattro mesi. Lo sarà fino al 19 febbraio,
inizio della prima delle nove regate che decideranno se la
Coppa America resterà in Nuova Zelanda o sbarcherà sul
Tirreno, a Punta Ala.
Certo non è che prima, in Italia, l’equipaggio
di Luna Rossa prendesse il sole. "A pensarci bene, è da
due anni che non vedo mio fratello" dice Mario Celon, uno
dei tre fratelli dello Yachting Club di Torri del Benaco, sul
Lago di Garda. Tutti velisti pluridecorati. Così la pizzeria
di famiglia in paese (nome: "La strambata", e che
altro?) in questi giorni è diventata un night club un po’
speciale: spettacolino per 300 persone fino alle 4 di mattina.
Sul maxi schermo però la star è Luna Rossa e il fratello
Claudio, 39 anni, tre edizioni delle olimpiadi alle spalle,
sei titoli italiani in classe FD e due in Soling, nell’87 in
Coppa America su Italia. Una vita di secchiate di acqua salata
in faccia.
I defender neozelandesi sono un mistero per
tutti. Da tre anni aspettano e non si sono confrontati con
nessuno. Loro sono forti e giocano in casa, ma la barca? Cosa
vi hanno detto le "spie" che Prada ha sguinzagliato
durante gli allenamenti degli avversari?
E’ come fare una gara di auto senza sapere
su cosa correranno gli altri – spiega Claudio Celon (ma in
realtà al fratello Mario ha confessato che "siamo più
veloci noi…") - L’unica speranza è che i mezzi siano
uguali, la barca in questo caso è tutto.
Ma saranno loro a scegliere il campo di gara
e relativo vento…
Bah, quello non cambia molto le cose. Si
decide quando ci si trova in acqua. La baia, qualunque zona
scelgano, è sempre la stessa.
Torniamo alla sfida con Cayard. Quando vi
siete trovati più in difficoltà?
A dire il vero ogni regata era un problema,
non sai mai come sarà. Il momento peggiore? Il 4 a 3 per lui
(ride). Se ci sono state discussioni? Ma quelle ci sono
sempre, dopo ogni gara. Si impara da quello che si fa prima.
E’ vero che dopo le tre sconfitte
consecutive avete cambiato tattica? Che invece di lasciare
andare l’avversario per cercare la velocità avete scelto di
marcarlo da vicino?
No, ogni regata ha la sua storia, non
abbiamo modificato tattica. Il fatto è che quando si è in
barca è tutta un’altra cosa, visto da fuori è difficile
capire le scelte. E poi in quella famosa gara dove abbiamo
scelto due lati diversi e il vento è andato ad AmericaOne,
poteva andare diversamente, poteva andare da noi e a lui
niente. Insomma le probabilità erano uguali.
Ci sono stati momenti in cui a bordo di Luna
Rossa sembrava che tutti parlassero, non si capiva chi
comandava. Era solo il momento o c’è stata confusione?
Si, in certe regate è così. Non
bisognerebbe, ma mica è facile evitare il
"pollaio". Come quando sei a contatto con l’avversario:
non sai cosa farà lui, è quello il momento del
"pollaio". Gli ordini dovrebbe darli uno solo, ma
là a prua a 20 metri non capiscono e bisogna che qualcuno lo
ripeta. Intanto l’altra barca cambia manovra e devi cambiare
anche tu. Ohé, siamo in 16 a bordo…
Qualcuno diceva che nelle prime regate De
Angelis, lo skipper, sembrava incerto, con poca grinta. Non è
che c’entra il fatto che è sempre così riservato e
silenzioso?
Ma no, certo non è un estroverso. Con noi
però è diverso. La grinta? Era alla sua prima Coppa America,
e davanti aveva degli esperti di queste gare. E’ normale.
Di sicuro c’è che, De Angelis, detesta
quei microfoni che siete obbligati a tenere a bordo. Ma voi vi
ricordate di averli quando siete in gara?
Ah, quelli. No, quando parti chi ci pensa?
Certo sono un po’ un problema, cosa succederebbe se li
mettessero addossi ai giocatori di calcio? Il fatto è che noi
da qua, dalla barca, non sappiamo cosa si sente. Chissà cosa
salta fuori mentre siamo in gara. A proposito: ma cos’è che
sentite voi?
a.m.